Storia di un’azienda che si mischia con le vite dei suoi operai: un reportage fotografico carico di riflessioni
Sono figlio di uno dei centoventi operai della Prysmian, davanti ai cancelli.
L’ultimo giorno di stabilimento aperto ero a casa, lavoravo alla mia tesi magistrale.
Sapevo che mio padre e altri operai si sarebbero recati allo stabilimento per trovarsi a un tavolo con il direttivo dell’azienda. Quindi l’ultimo giorno ero sui libri.
Poi l’annuncio.
Dentro lascio un ricordo. Il ricordo della postazione di mio padre.
La Prysmian era un polmone pulsante.
Chi è attaccato alla Prysmian è qui, davanti ai cancelli, a guardia.”
B.G.
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“Il mio ultimo giorno di lavoro.
Forse più consono dire “la mia ultima settimana”. Dura, vissuta male.
Il lunedì ero a lavoro in un clima irreale.
A casa sto poco. Rimango spesso al presidio, quasi 12h. Mi aiuta stare meglio.
Dentro lascio gli attrezzi di mio padre. E la speranza.
Il presidio è una realtà incredibile. Tutto questo non è giusto. Io ci credo.”
V.D.
Queste sono solo alcune storie. Ma ne mancano altre 118.
La Prysmian chiude i battenti, non è la prima azienda e non sarà l’ultima, ma il vuoto che lascia è sentito in maniera dirompente in un territorio come quello ascolano. Un reportage di storie di uomini che non perdono la speranza e non si arrendono.